Beatrice Borromeo ha rilasciato un’intervista a Selvaggia Lucarelli dove ha parlato del suo rapporto con le storie pericolose che sta raccontando in un documentario su Sky. “Ormai mi chiamano mafiosi o familiari di mafiosi per parlare - ha detto Beatrice -, se vedessi la rubrica sul mio telefono è piena di numeri segnati come mafioso 1, mafioso 2 , mafioso 3. E poi la ’ndrangheta è intelligente, ti fa fuori se le crei un danno economico, se sveli particolari su un loro traffico. Hanno più paura le donne che ho intervistato, alcune hanno provato a fermare la messa in onda della loro intervista, sono spaventate. Mio padre è letteralmente disperato. Anche mia madre è preoccupata, ma non hanno ragione di esserlo, sono prudente e non mi espongo a rischi stupidi”.
“Ero attratta dalle storie - ha raccontato Beatrice partendo da lontano-. Alle medie per andare a scuola prendevo il tram e guardavo la gente che saliva e scendeva. Scrissi il mio primo libro, Incontri, in cui immaginavo le loro vite. Scrivevo bene, mia sorella Lavinia mi chiamava “10 e lode””. Avevo diciannove anni, ho accettato di lavorare con Santoro perché ero cresciuta guardando Samarcanda e mi sembrava una bella opportunità ma non ero attratta dalla tv in quanto tale. Mi avevano già chiamata in tanti, anche Fazio, ma avevo sempre detto no. La verità è che non ero preparata, ero così giovane in un ruolo di responsabilità, i miei amici del liceo mi prendevano in giro dicendo che avrei dovuto avere il coraggio di dire a Santoro in diretta “Bella Micky, parla tu che è meglio!”. E poi Santoro mi metteva molta soggezione”.
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